February 26, 2018

Solo Show a cura di Atto Belloli Ardessi and Ginevra Bria, Isisuf

FuturDome, via Paisiello 6, Milano –  da Martedì al Sabato, dalle 16.00 alle 19.00

Opening mercoledì, 28 Febbraio, 18.00 – 22.00

Per oltre quindici anni Guido Van der Werve (1977, Papendrecht, Paesi Bassi) ha realizzato film che rendono testimonianza immortale dell’estrema resistenza fisica umana, della capacità di sfidare il principio di morte, correndo, attraversando mondi ghiacciati, nuotando, scalando e andando in bicicletta. Van der Werve accompagna quasi ogni performance con colonne sonore che lui stesso compone e che spesso esegue, rendendo omaggio agli autori romantici da lui ammirati. Per sua stessa ammissione, infatti, si definisce un mad romantic, sferzando un colpo basso alla profondità esistenziale del suo lavoro con uno humour non convenzionale
che sterza nell’assurdità.
Il 28 febbraio, FuturDome presenta la più completa ricognizione monografica dedicata al lavoro di Guido van der Werve. In qualità di edificio in transizione e di museo indipendente, FuturDome trasforma i propri spazi in un ambiente adatto ad un nuovo ritorno, ad un habitat in-naturale, un luogo di natal homing per l’artista olandese. La mostra include venti lavori tra film, videoinstallazioni e composizioni musicali che preparano gli ambienti domestici del palazzo alla performance inedita. Un progetto che verrà messo in scena durante i giorni di finissage e realizzato durante la settimana di miart.
La retrospettiva di Guido van der Werve, dal titolo Auto Sacramental (in spagnolo auto si traduce atto) evoca i componimenti drammatici ciclici, messi in scena all’aperto e in atto unico, nati in Spagna agli inizi del Trecento, poi sviluppati nel medioevo in tutta Europa. Gli autossacramentales svolgevano una funzione dialettica durante le processioni trecentesche del Corpus Christi, esprimendosi con grande forza teatrale, unita a una naturale espressività, il mutamento della transustanziazione del corpo e il mistero della fede. Ogni auto sacramental, interpretato da attori non specializzati, si basava sull’uso di figure allegoriche e di simboli che si materializzavano durante le azioni sceniche, nel pieno rispetto della gerarchia di valori esistenti tra l’uomo e le forze soprannaturali.
Nei secoli, venendo meno anche il valore originario di composizione drammatica religiosa, molti autos hanno assunto un argomento profano, glorificando non tanto un evento passato, quanto la materializzazione di un miracolo presente. All’interno del quale la tensione estrema del corpo, tra nascita e rinascita, si manifesta come memento nei confronti delle polarità della vita.

Il genere dell’auto sacramental, nell’opera di Guido van der Werve si rivela non solo nell’ambito di ogni singola performance, ma anche come legame drammatico, ricorsivo generato tra un lavoro e l’altro. Capovolgendo elementi stilistici e apportando nuovi significati a fenomenologie tanto fisiche quanto intrapsichiche dell’atto scenico. A partire da tre fra i suoi primi progetti, come The Walking Pigeon (2001), Suicide no 8945 till 8948 (2001) e Nummer Twee, Just Because I’m Standing Here Doesn’t Mean I Want To (2003) -tutti i suoi lavori sono numerati in olandese e sono sottotitolati in inglese- il proscenio fisico, così come i paesaggi performativi, altamente codificati, forniscono allo spettatore informazioni apparenti; logiche relative a intenzioni che diventano, nello svolgere dell’azione, di carattere accidentale. In chi guarda, avviene così una sorta di anticipazione nella conoscenza dell’azione, che interpreta il destino del soggetto in un movimento senza fine. Ogni scenario, come in Nummer Acht, Everything Is Going to Be Alright (2007), richiede allo spettatore di combattere contro costrutti fisiologici e sociali posti dal corpo umano, attraverso l’annichilimento del contesto e domandando, a chi sta percependo ogni gesto rappresentato, di porre attenzione ai dettagli visivi e alla musica, corrispondente a precisi attributi dei personaggi. Strutture formulaiche portatrici e amplificatrici di testimonianze rituali, come in Nummer Negen, The Day I Didn’t Turn With the World (2007) predispongono lo spettatore a contemplare l’opposto di quel che vede, così come la parodia e il cambiamento, perpetrati in Nummer veertien, Home (2012), dove l’artista mostra la capacità di trasformarci in necessari testimoni e partecipanti di un viaggio che si proclama un atto di transfer. Ogni epilogo, così come ogni conclusione, nella pratica di van der Werve si incide nella neutrale terra di mezzo tra il soggetto e il visitatore del mondo soggettivo, tra l’abilità meditativa di un’azione che si fa portavoce e l’abilità riflessiva di chi tiene per sé e riconsidera quello che sta testimoniando, nella costruzione di un immaginario che risiede al di fuori della rappresentazione. In FuturDome, i quindici scenari creati da proiezioni e videoinstallazioni fanno apparire situazioni improvvise e trascorse come profondamente interiorizzate da una società nella quale si evita sempre di più ogni contatto con la memoria di quel che ci precede.

Il 9 Aprile, due giorni prima, rispetto al finissage di Auto Sacramental, Guido van der Werve presenterà una performance inedita che coinvolgerà 20 elementi dell’Orchestra Filarmonica dei Navigli. La performance, attraverso musiche composte da Guido van der Werve, esaminerà i limiti dell’agire umano e dell’agire di un oggetto in azione. Mostrerà una pratica fisica che stimola il movimento della materia mentre riceve forma, un moto che emerge come risultato di un legame tra il corpo umano e l’oggetto. Lo scopo non sarà quello di rafforzare gli impulsi a vivere una relazione fisica con le cose, ma sarà focalizzato sul facilitare forme che rendano
questa relazione visibile.