GRAHAM HUDSON
I’m empty like a vegetable
15 Marzo – 22 Aprile 2017
Monitor è lieta di annunciare una nuova mostra personale di Graham Hudson (Sussex, 1977) che torna ad esporre in Italia a più di sei anni di distanza.
1528 circa. Il marchese Fonda della Repubblica di Genova, ha tentato di rovesciare il governo aristocratico al fine di consentire ai cittadini comuni di eleggere doge e Senato, ma i suoi sforzi sono falliti. Bollato come traditore, lascia il paese passando per la Francia e i Paesi Bassi. La famiglia Fonda si stabilisce così nei pressi di New York, combattendo nella rivoluzione americana e nella guerra civile. Henry Fonda si arruola nella Marina degli Stati Uniti per combattere nel Pacifico, per cui riceverà una Stella di Bronzo e una citazione del presidente Roosvelt, così come si vede nel film ‘The Bulge’ e ‘Il giorno più lungo’.
La figlia di Fonda, Jayne, viene chiamata come la sua antenata, la terza moglie di Enrico VIII, Lady Jayne Seymour.
Sua madre, Frances Seymour, internata in un sanatorio per depressione, si taglia la gola con una lama di rasoio quando Jayne ha dodici anni. Nel 1957, appena maggiorenne, Jayne Fonda si trasferisce a Parigi per diventare pittrice, ispirata dal sogno dell’avanguardia radicale. Incontra Roger Vadim e Brigitte Bardot (che in seguito si sposarono) che come lei iniziano ad entrare in contatto con la cultura e la politica della ‘Rive Gauche’. Dopo tre mesi però la ragazza è costretta a lasciare Parigi, a seguito di un piccolo scandalo per aver posato nuda per un fotografo. A questo punto Jane segue il padre a Hollywood, firmando un contratto con uno studio ed entrando così nel mondo spietato dello star system americano.
“Per il mio primo film, Jack Warner ha voluto tingermi i capelli, mi ha messo in un corsetto, un reggiseno imbottito, mi ha fatto rompere e rimettere a posto la mia mandibola affinchè avessi una linea più morbida, e non so che altro. Ogni studio voleva la propria personale versione di Marilyn Monroe”.
Nel corso degli anni, Jane Fonda torna regolarmente in Europa, fidanzandosi nel 1965 con Vadim, che la dirigerà in Barbarella nel 1968. Da sex symbol a donna politicamente impegnata -la più affascinante protagonista del disimpegno americano, come qualcuno la definì-, la Fonda sostiene il movimento delle Pantere Nere e affianca i vietcong per incoraggiare l’ ammutinamento tra i militari americani in Vietnam (da qui il soprannome Jane Hanoi). Con la solita ironia che la distingue, la Fonda ricorda di quel periodo: “Il mio unico rammarico è di non essere andata a letto con Che Guevara”.
Il 2018 segnerà il 50° anniversario degli eventi del 1968 e il 2028 sarà il 500° anniversario dai fatti del 1528. (Graham Hudson, appunti sparsi).
Il nuovo progetto di Hudson si struttura dunque intorno alla mitica figura dell’attrice americana.
L’artista inglese utilizza infatti il personaggio e la storia emblematica della Fonda per introdurre una serie di tematiche legate alla politica attuale, rivelando uno stretto legame tra ciò che succedeva nel 1968 in Europa e cio’ che sta accadendo oggi nello stesso continente: dalla nascita dei recenti movimenti populisti, al grande dibattito sorto di fronte alla questione della sicurezza della società occidentale.
L’artista inglese, principalmente noto per installazioni site specific di grandi dimensioni (Material Presence, 176/ Zabludowicz Collection,Londra, 2008, ROCRO Ape., 2012, Museo MACRO Roma) presenterà negli spazi della galleria un nuovo corpo di opere che comprenderanno per la prima volta una serie di lavori pittorici, oltre che installazioni e video realizzati tra il 2014 e il 2017.
Partendo dalla bellezza iconica dell’attrice, nella serie di dipinti che la ritraggono nelle varie fasi della sua lunghissima e trasversale carriera, Hudson mostra una Fonda spersonalizzata dallo star sistema di Hollywood.
Le sculture e il lavoro video presenti in mostra, delineeranno un filo conduttore incentrato sulla radicalizzazione non solo nella storia politica ma anche nella storia dell’arte contemporanea, come se, mezzo secolo dopo gli avvenimenti del ’68, fossimo arrivati nuovamente a fare un punto sulle istanze sociali, politiche culturali di un’ epoca.
GRAHAM HUDSON
I’m empty like a vegetable
March 15th – April 22nd 2017
Monitor is pleased to announce the opening of a new solo show of works by Graham Hudson (Sussex, 1977), six years on from his last exhibition in Italy.
Around 1528. After a failed attempt to overthrow the government of the aristocracy in order to grant ordinary citizens the right to vote for the doge and the senate, the Marchese Fonda of the Republic of Genoa is branded a traitor and flees first to France and then to the Netherlands. Eventually, the Fonda family settled in New York, fighting in the American Revolution and Civil War. Enrolled in the United States navy on active duty in the Pacific, Henry Fonda was awarded the Bronze Star and a mention by President Roosevelt as in the films Battle of the Bulge and The Longest Day.
His daughter Jane was named after Lady Jayne Seymour, third wife of Henry VIII and an ancestor on her mother’s side. Whilst in a sanatorium treating depression, Jane’s mother Frances Seymour slit her throat with a razor. Jane was just twelve at the time. On coming of age in 1957, she moved to Paris to become a painter, inspired by the legendary radical avant-garde movements. There she met Roger Vadim and Brigitte Bardot (whom he would later marry) who, like her, were just beginning to come into contact with the culture and politics of the rive gauche. After three months, Jane was obliged to leave the city when a scandal blew up over her having posed nude for a photographer. At this point she followed in her father’s footsteps in Hollywood, signed a contract with a production company and entered the relentless world of the American star system. “For my first film Jack Warner dyed my hair, put me in a corset, made me wear a stuffed bra, had my jaw broken and re-moulded to soften my face and I don’t know what else. Every studio wanted their own version of Marilyn Monroe.”
Jane Fonda returned to Europe regularly in the following years, in 1965 marrying Vadim who directed her in Barbarella in 1968. From sex symbol to political engagement – the most engaging protagonist of American disengagement – as someone once termed her, Fonda supported the Black Panther movement and helped the Viet Cong encourage mutiny among the US forces fighting in Vietnam, which earned her the nickname Jane Hanoi. With characteristic humour, she recalled that period thus: “my only regret was not having been to bed with Che Guevara”.
2018 is the 50th anniversary of those events, that took place in 1968, while 2028 will be the 500th anniversary of the events that unfolded in 1528. (Graham Hudson, scattered notes).
So, as we can see, Graham Hudson’s latest work is structured around the legendary American actress Jane Fonda. Hudson has used Fonda’s character and emblematic life story as a vehicle for introducing a series of themes related to current politics, drawing a close parallel between events in 1968 in Europe and those taking place across the continent today – from the rise of populism to the ongoing debate over security in western society.
Although Hudson is known mainly for his large-scale, site-specific installations (Material Presence, 176/ Zabludowicz Collection, London, 2008, ROCRO Ape., 2012, Museo MACRO Rome), together with installations and videos completed between 2014 and 2017 Hudson will also be presenting – for the first time – a new body of paintings.
Using Fonda’s iconic beauty as a starting point, Hudson has produced a series of paintings that show her in the various stages of her long and varied career, depersonalised from the Hollywood star system.
The sculptures and video featured in the exhibition outline an ongoing current of radicalisation, in political as well as in contemporary art history, as if now – half a century on from the events that took place in 1968 – we are still coming to terms with the same social, political and cultural issues which characterised that moment.