IL TEMPO REGOLA L’ATTO: DUE OPERE PER UNA MOSTRA | ATTO III
Matteo Fato, Laurent Montaron
dal 2 al 19 febbraio 2021
Il tempo regola l’atto giunge al suo terzo e conclusivo episodio che si terrà a partire dal 2 febbraio. A chiudere il cerchio di questo ciclo che ha interessato la programmazione della galleria durante l’ultimo mese mezzo e che ha visto dialogare in precedenza Elisa Montessori, Thomas Braida, Claudio Verna e Benedikt Hipp, sono due artisti che utilizzano i media con cui lavorano in maniera critica e analitica: Matteo Fato (Pescara, 1979) e Laurent Montaron (Verneuil-sur-Avre,France 1972)
Laurent Montaron nella sua pratica, che si divide tra film fotografia e installazioni, indaga la rappresentazione della realtà e la sua relazione con i mezzi utilizzati, che diventano elementi di interferenza tra i fatti e la nostra percezione visiva, ma che anche, trascendendone i confini, riescono a far luce su nuovi modi di comprendere il mondo. Il suo lavoro, stratificato di metafore, parte da una dicotomia tra un approccio ‘nostalgico’ ai media tradizionali e agli oggetti e strumenti analogici, e le nuove tecnologie e il potere dell’innovazione. Come la macchina fotografica non è sempre uno strumento oggettivo per catturare la realtà, così i nuovi media nell’analisi dell’artista, hanno permesso all’umanità di esplorare percepire il mondo in modo diverso, ma non necessariamente di averla portata più vicina alla verità. È di prossima pubblicazione con Mousse Publishing, un catalogo monografico di Laurent Montaron prodotto dal CAC di Tel Aviv. In mostra a Monitor ‘ecce’ (2018) opera video che ha come titolo un termine latino, qui utilizzato nell’accezione di volgere lo sguardo e l’attenzione verso qualcosa. Il film, girato in super 16mm presso la vetreria di Saint-Just in Francia, una delle ultime fabbriche di produzione ad utilizzare la tecnica tradizionale del vetro soffiato, segue il processo di realizzazione di una lastra di vetro. Ciò che è visibile per tutta la durata del video e che interessa la visione dello spettatore non è l’oggetto, risultato del processo produttivo, ma tutto ciò che vi ruota intorno. Dai movimenti degli operai, agli strumenti utilizzati e all’esperienza del ciclo della lastra di vetro, nel suo suggestivo passaggio dallo stato solido allo stato liquido al momento della soffiatura.
Nell’altra stanza della galleria, un’opera inedita di Matteo Fato che ci introduce ad un viaggio visionario tra cinema, pittura e sogno. Anche Matteo Fato è un artista che si avvale di diversi media. L’artista utilizza disegno, pittura, incisione e video-animazione, per allargare progressivamente lo spettro dei media a scultura e installazione. La ricerca pittorica di Matteo Fato è intrisa e percorsa di relazioni e dialoghi. Prima fra tutte la relazione tra immagine e linguaggio-approfondita attraverso lo studio del filosofo L. Wittgenstein. Come anche la relazione con lo spazio, il tempo e la storia. L’immagine dipinta e rappresentata dall’artista conduce il fruitore in una dimensione non solo frontale dell’osservazione, ma anche spaziale. L’opera dal titolo ‘ritrovare un sentito dire in una Vita di Velluto Golosa (sognare di dipingere per ricordare i sogni)’, è un’installazione che si articola in più parti, realizzate in tempi diversi: un dipinto recente, un disegno realizzato 5 anni fa e lo straccio per la pulitura dei pennelli intelaiato che ci riconduce al momento creativo e all’atto pittorico dell’artista. A questi elementi visivi si aggiunge anche un testo del filologo e traduttore Gianni Garrera. L’ispirazione di questo lavoro proviene da un’immagine filmica tratta dal controverso film Blue Velvet del visionario regista David Linch, quella in cui il protagonista trova per caso in un campo un orecchio umano. Immaginando che in questo caso l’orecchio sarebbe potuto appartenere a Van Gogh, le cui iniziali si rintracciano nelle maiuscole del titolo, l’artista muta una frase del pittore olandese che recita “Io sogno la mia pittura. Poi dipingo il mio sogno”. ‘Questo perché la pittura oltre a essere vista ho sempre pensato che vada anche “ascoltata” nello e dallo spazio che occupa; Van Gogh mi ha insegnato ad ascoltare la vita attraverso la pittura; perché io non ricordo mai i miei sogni; ricordo solo di doverli dipingere per vederli. Lo straccio è l’unico sogno che diventa memoria riconoscibile’ (Matteo Fato).
I momenti dell’osservazione delle cose, dello spazio e dell’analisi delineano in queste opere un particolare percorso nei linguaggi artistici e nei media di elezione di ciascuno degli artisti, che diventano la lente di ingrandimento e di comprensione della realtà. Realtà in cui l’oggetto reale della rappresentazione è spesso immaginato e trova la sua verità attraverso il mezzo della rappresentazione che lo cela e svela al contempo.
* In conformità con le linee guida dell’attuale D.P.C.M e per evitare assembramenti, l’apertura di ogni ciclo di mostre non prevede una serata di opening. La mostra sarà aperta al pubblico a partire dalla data indicata e visitabile secondo gli orari consueti di apertura della galleria (mar – ven ore 13.00-19.00). Per visitare la mostra non è richiesta prenotazione, ma le entrate saranno contingentate e si potrà accedere solo se muniti di mascherina propria.
ENG
Time regulates the act: two works per exhibition | ACT III
Matteo Fato, Laurent Montaron
2 - 19 February 2021
Time regulates the act comes to an end with its third and final instalment opening on 2 February. This cycle of exhibitions which has taken over the gallery for the past month and a half, generating dialogues between Elisa Montessori and Thomas Braida, Claudio Verna and Benedikt Hipp, now presents two artists who approach their media critically and analytically: Matteo Fato (b.1979, Pescara, Italy), e Laurent Montaron (b. 1972, Verneuil-sur-Avre, France).
Laurent Montaron’s practice spans film, photography and installation. It questions the representation of reality and its relationship to the tools it uses, which interfere with facts and our visual perception, but also transcend boundaries, shining a light on new ways of understanding the world. Layered with metaphors, Montaron’s work stems from a dichotomy between a ‘nostalgic’ approach to traditional media and analogue instruments, and an interest in new technologies and the power of Just as a camera is not always an objective tool used to capture reality, so the new media investigated by the artist has allowed humanity explore and perceive the world differently, but not necessarily bringing it any closer to truth. A monograph of his work, produced by CAC in Tel Aviv, is due to be released by Mousse Publishing. The exhibition will feature ‘ecce’ (2018), a video whose Latin title denotes looking towards something, giving it our attention. The film, shot on super 16mm in a glasswork in Saint-Just, France, one of the last production factories to use the traditional technique of blown glass, follows the process of making a glass sheet. What is visible throughout the video and what interests the viewer is not the object itself, the result of a production process, but of everything else that goes on around it: from the movements of the workers, to the instruments used and to experiencing the cyclical production of the sheet, in its evocative transition from a solid to a liquid state from the moment of its being blown.
In the adjacent room, a new work by Matteo Fato introduces us to a quixotic journey between cinema, painting and dream. Fato, too, employs different media across his work: drawing, painting, engraving and video animation all progressively enlarge the spectrum of media, from sculpture to installation. Fato’s pictorial practice is imbued with relationships and dialogue. Foremost is the relationship between image and language, expanded upon through the study of the philosopher L. Wittengstein. Likewise, Fato is interested in the links between space, time and history. The painted image conducts the viewer into a dimension which is to be both frontally and spatially observed. ‘ho trovato un sentito dire in una Vita di Velluto Golosa (sognare di dipingere per ricordare i sogni)’ (I came across a rumour in a Life of Tempting Velvet (dreaming of painting to remember our dreams) is an installation which is articulated in various parts, realised at different points in time: a recent painting, a drawing from five years ago and a rag used to clean the artist’s paintbrushes which has been stretched onto a frame thus recalling the creative moment and pictorial act of the artist. The inspiration for this work stems from an image in visionary director David Lynch’s cult film Blue Velvet, when the protagonist uncovers a human ear in a field. Imagining here that the ear could have belonged to Van Gogh, whose initials are traced in the capitalised letters of the title of his work, the artist alters a sentence attributed to the Dutch painter where he states “I dream my paintings. Then I paint my dream.” “This is because I believe painting must be listened to in the space it occupies and by it, as well as being seen. Van Gogh taught me to listen to life through paintings, because I never remember my dreams. I just remember that I need to paint them in order to see them. The rag is the only dream that becomes recognizable memory” (Matteo Fato)
The moments of observing objects and space, and of analysis define a particular trajectory in the artistic language and the media used by the artists in these two works. These moments become a lens through which to comprehend reality. Reality in which the real object of representation is often imagined and finds its truth through the tools of representation which cover and uncover it at the same time.
* In compliance with recent government regulations and to avoid gatherings, there will be no opening events. The exhibition will be open to the public from 3 February during the gallery’s usual opening hours (Tuesday – Friday, 1 – 7pm). No appointment is needed to visit the gallery, but a limited number of visitors will be permitted to enter the gallery at a given time. Visitors are required to wear a face mask.