DANIELA D’ARIELLI | A TE

Opening 20 Maggio, dalle 11 alle 16

 

La galleria Monitor è lieta di annunciare l’apertura della stagione espositiva presso la sua sede di Palazzo Maccafani (Pereto AQ) con la personale dell’artista Daniela d’Arielli (Ortona, 1978) che presenterà un corpo di opere inedito, interamente pensato per abitare le stanze del Palazzo e realizzato nell’ultimo anno.

Caratterizzata da una forte componente site – specific, la mostra A te è sottesa da una serie di
rimandi all’individualità che, seppure assente iconograficamente, rimane tuttavia presente nei
materiali esposti: tessuti – drappi, coperte, superfici sapientemente trasformate, rielaborate
dall’artista attraverso la tecnica del ricamo e del cucito: il tramato di una antica coperta abruzzese viene dunque interamente riscritto in un linguaggio in cui i fiori divengono stelle; un tessuto écru simile ad un lenzuolo, si carica della rappresentazione di tutti i fiumi del mondo, in cui alcuni “pezzi d’acqua” dell’Atlantico e del Pacifico ne scandiscono il flusso.

Tra le opere, proiettato su una cisterna, troviamo un video leggero, silenzioso, ritmato dal vapore che l’alito dell’artista imprime sul vetro e che lascia trasparire la scritta della restituzione e della partecipazione, che dà il titolo all’esibizione, sullo sfondo del mare inquadrato dalla finestra della casa materna.

Da sempre, la ricerca della d’Arielli verte sul tema dell’acqua, che può esser considerata “un
elemento generativo. L’acqua è fluida, cambia incessantemente forma, consistenza, colore e
proprietà. Nelle sue mille forme l’acqua permea letteralmente tutta la natura ed è il bene più
prezioso per la vita. Nell’acqua non esiste caduta, il peso diventa inconsistente e ogni movimento agevole, è uno spazio che non presenta elementi ostili, perché semplicemente è esso stesso ostile – pur nella sua accoglienza – alla vita dell’uomo.” 1

Acqua come lessico famigliare (il nonno dell’artista era pescatore mentre il padre marinaio), acqua come linfa vitale ma anche elemento di pericolo e distruttivo. Tutta la mostra ideata per gli spazi della galleria verte su questo fattore dicotomico con le sue rappresentazioni di planisferi e coste, ora presenti ora in via di erosione, in cui le tracce dei fiumi divengono un’allusione al tessuto delle vene che scorre nei corpi, in cui costante è il rimando al sangue e alla pelle dell’essere umano. La mostra è accompagnata da un testo critico di Maurizio Coccia.

 

1 Tratto da: Stile Libero, di Simone Ciglia e, a volte, Daniela d’Arielli, testo dell’omonima mostra presso Galleria Cesare Manzo,
Pescara 2010

 

Daniela d’Arielli, Ortona 1978, vive e lavora a Francavilla al Mare

Mostre personali: 2022, A cquà, Qui, In questo luogo Daniela d’Arielli sul filo di Antonio De Nino, Museo delle Genti d’Abruzzo; 2017, a’mare, a cura di Enzo De Leonibus, Museolaboratorio – Ex Manifattura Tabacchi, Città Sant’Angelo; 2010, Stile Libero, a cura di Simone Ciglia, Galleria Cesare Manzo, Pescara; 2007 Solo Exhibition a cura di Massimiliano Scuderi, Galleria Cesare Manzo, Pescara.

Mostre Collettive: 2022, Straperetana, L’abaco rovesciato a Pereto (AQ), a cura di Saverio Verini e Matteo Fato; 2019, Manifesto del Futurismo Rurale a cura di Leandro Pisano Istituto Italiano di Cultura di Melbourne; 2006 FuoriUso ’06 Alterated states. Are you experienced? a cura di Nicolas Bourriaud e Paolo Falcone, EXCofa, Pescara

 


FARE I CONTI

testo critico di Maurizio Coccia 

 

Compagni scomparsi alle frontiere oscure,

marinai ignoranti, sulle labbra salate

delle figlie del mare, voi inventavate il mondo.

Louis Brauquier

Mare 1

Normalmente, evito di iniziare con una citazione. I testi che si aprono con una citazione mi trasmettono sempre un bisogno provinciale di approvazione. Ma, come tutti noi, sono anche pieno di contraddizioni, e questa volta non ho potuto farne a meno. È un’ammissione che introduce subito al tono di questo scritto. Che sarà più vicino a un percorso idiosincratico e sentimentale, che non un testo critico ortodosso.

Ho cominciato con Louis Brauquier – poeta francese poco conosciuto in Italia – noto per la vita avventurosa e l’ispirazione marina di molte sue liriche, perché mi offre un aggancio ideale con il lavoro di Daniela d’Arielli. Non si tratta però di similitudini banalmente atmosferiche o paesaggistiche. Per ambedue, il mare non è semplicemente la cornice della narrazione. È qualcosa che risuona più in profondità. Un’eco atavica, una vibrazione sottocutanea che rimanda ad attività primarie. In parte costante genetica, in parte eredità culturale. In questi casi il mare è come la famiglia d’origine: non si sceglie.

Abruzzo

L’Abruzzo è una regione che si affaccia sospettosamente sul mare. La solennità epica delle montagne si stempera nel brusio edonistico della costa. Cafoni e pescatori. Zingari e pastori. Latifondo ed emigrazione transcontinentale. L’Abruzzo è una terra incalzante, la popolazione è refrattaria alle definizioni identitarie monolitiche; è sfilacciata e aggrovigliata in un crogiolo di appartenenze ipotetiche. Spinta da un fatalismo più sensuale che metafisico, è viscerale e diffidente come chi vive abitualmente lontano da casa.

Terra cantonale – di confine tra stati d’animo, prima che geografico – l’Abruzzo odora di salmastro e calcare; ha una dominante cromatica che si srotola, scendendo a valle, tra l’indaco della Maiella e l’azzurro opalino dell’Adriatico.“…dell’Abruzzo conosco poco, quel poco che ho nel sangue”, diceva Ennio Flaiano. Il ciclo della catena alimentare estingue le famiglie, le figure spariscono, resta lo sfondo.

Fare arte in Abruzzo significa confrontarsi con l’arbitrarietà della natura e la fragilità umana. Ti porta a un grado di consapevolezza così iridescente da sfiorare l’etereo, e tale da non poterne parlare mai, per paura di perderla.

Radici

Daniela d’Arielli mi fa pensare a una rabdomante. Non solo per l’ovvia consuetudine con l’acqua – da sempre tema centrale per lei. C’è, in più, una fiducia primitiva verso gli elementi naturali. È la trascendenza laica di chi crede nella terra, nella sua coerenza catastrofica. L’occhio primordiale della specie che misura il Caos per la sopravvivenza.

Nelle sue opere Daniela d’Arielli cerca tracce e indizi; qualcuno è passato di recente, ma ora non c’è più. Ciò che manca è la figura umana. Eppure, si percepisce che è la misura del Tutto. Modella le immagini, indirizza il contenuto, stimola l’emozione.

Sembra un’esigenza artistica, ma diventa un paradigma esistenziale. Una sorta di “Umanesimo dell’assenza”, ch’è più di una difesa dalla solitudine e dal senso di abbandono, è la lacerazione di un’identità atomizzata, la vertigine di radici così profonde da perdersi nella frantumazione dell’eternità.

La domanda fondamentale, allora, non è più “chi sono io?”, bensì “perché proprio io?”.

L’abisso è un armadio senza specchio.

Casa

Tessuti ricamati. Coperte dai colori austeri. Vecchie mappe. Libri di fiabe ingialliti. Mobili dai bordi arrotondati. Sembra ammantata di atmosfere gozzaniane, la casa ideale di Daniela d’Arielli. Ma cos’è, una casa? Se lo domandava anche Tonino Guerra di fronte a un attonito Andrej Tarkovskij, in un vecchio documentario. Si rispondeva chiosando sulla leggerezza e sulla libertà: ciò che si dicono gli amici, non potrà mai essere chiuso tra mura.

Credo che per Daniela d’Arielli, invece, la casa non sia mai stata una fonte diretta d’ispirazione. Tanto meno i classici attributi della domesticità (calore familiare, tradizioni, memoria). La casa è piuttosto il soggetto di un dialogo sofferto e inderogabile. Vero e proprio Convitato di pietra, dotato di personalità e aspettative proprie, ha assunto negli anni i tratti e, forse, il carattere di chi l’ha vissuta. Ma basta una brezza irregolare che arriva dalla finestra a mare per misurarne l’insofferente autonomia.

I ricordi vi si confondo con i desideri che la abitano come inquilini morosi. Ogni possibilità di fuga è incisa nell’assoluto della nostra caducità. Ma la casa di Daniela d’Arielli continua a essere protesa verso l’infinito, a Est, dove tutto assume un senso.

Di casa non si muore.

Manifattura

Per la storia dell’arte, il lavoro manuale getta un ponte tra Spazio e Tempo. L’esecuzione, infatti, si fonda sulla Durata, concetto relativo alla resistenza – fisica e morale – e allo sviluppo narrativo. Ma soprattutto, sulle orme di Bergson, descrive la percezione interiore del tempo. Ogni nuova esperienza, nutrendosi di ciò che il vissuto ha accumulato, sarà in continuità con la nostra storia e, al contempo, unica e irripetibile. Tornando al mondo dell’arte, quindi, la serialità è intrinsecamente significativa.

Vedo Daniela d’Arielli dipingere, ricamare, ritagliare, svuotare, riempire, raccogliere, assemblare, distribuire. Incessantemente. Il ritmo è quello dell’acqua sulla battigia. È un loop metabolico, prima che tecnico. A prendere forma per raccontare se stessa è la memoria tattile di generazioni che si accavallano come sassi nella corrente. Perpetrarsi dell’atavico nel gesto che si auto-rivela. La ripetizione è rituale, non utilitaristica: Penelope non aveva bisogno di pretesti.

Mare 2

“Deve venire dal mare”, si legge sui muri di Pescara.

Non c’è poesia senza attesa. È quel genere di ansia che ti consuma gli occhi a partire dalle estremità. Il risucchio paludoso della domenica sera. Le voci senza volto dall’altra parte della valle. Tuo padre che non tornerà mai più a casa.

Come anche per l’arte, si tratta di una ricerca di completezza. Ma il pezzo mancante è la ferocia dell’intuizione, non il risultato finale. Daniela d’Arielli cerca di prolungare al massimo, per necessità, questo rapimento. È un’impellenza cromosomica, la sua, non una strategia artistica: solo l’idea conserva in sé il bagliore siderale della perfezione.

C’è un’arte additiva e una sottrattiva. E poi c’è quella, irriducibile a qualunque descrizione fisica, che s’imprime nelle attitudini e si ramifica lungo i bordi di situazioni sintomatiche e atti inconsci.

L’arte di Daniela d’Arielli è lineare, precisa e implacabile come un evento atmosferico. Oltrepassa le coordinate percettive usuali con la trasversalità e leggerezza di un granchio sulla sabbia. Agli assi cartesiani di passione e sentimento preferisce l’energia centrifuga dell’orgoglio e del coraggio.

A un certo punto, si sa, torneremo tutti verso il mare.

 


Opening Saturday 20th May, from 11am to 4pm

 

Monitor Pereto is delighted to reopen its doors after the winter break with a solo show of new site-specific works, conceived over the last year by Daniela d’Arielli (Ortona, 1978) for the spaces of Palazzo Maccafani.

Titled A te (For you), the exhibition is underpinned by a series of references to individuality which, even though iconographically absent, remain nonetheless present in the exhibited materials: fabrics – drapes, blankets, skilfully altered surfaces, reworked by the artist through embroidery and sewing. Thus, the textured fabric of an old cover from Abruzzo becomes entirely rewritten in a language in which flowers become stars; elsewhere, an ecru-coloured fabric similar to a bed sheet becomes loaded with the representation of all the rivers of the world, in which some “parts of water” from the Atlantic and the Pacific oceans denote the rivers’ flow.

The exhibition includes a video work projected onto the cistern: delicate and silent, its rhythm is set by the artist’s breath on a pane of glass which reveals a text of restitution and participation – and which lends its name to the show. The video is set against the backdrop of the sea, framed by the window of d’Arielli’s mother’s home.

Since the outset, d’Arielli’s practice has concerned itself with water, which could be considered a “generative element. Water is fluid, constantly changing shape, consistency, colour and property. In its myriad forms, water permeates literally all nature and is the most precious resource for life. There is no falling in water – weight becomes inconsistent and each movement smooth. It is a space which does not present hostile elements because quite simply it is itself hostile – even in its welcome – to the life of man.”
1

Water as family lexicon (the artist’s grandfather was a fisherman and her father a sailor), water as lifeblood but also as an element of danger and destruction. The entire exhibition, which has been conceived for the spaces of the gallery, is concerned with this dichotomy through its representations of world maps and coasts, now visible, now being slowly eroded, in which the traces of rivers recall the veins which flow in our bodies – the reference to blood and human skin is constant.

An essay by Maurizio Coccia accompanies the exhibition. A te runs until 25 June.

 

1 From: Stile Libero (Freestyle), written by Simone Ciglia and, at times, Daniela d’Arielli, – an exhibition for the eponymous show at Galleria Cesare Manzo, pescara 2010

 

Daniela d’Arielli, born in 1978 in Ortona, lives and works in Francavilla al Mare, Italy

Solo shows: 2022, A cquà, Qui, In questo luogo Daniela d’Arielli sul filo di Antonio De Nino, Museo delle Genti d’Abruzzo; 2017, a’mare, curated by Enzo De Leonibus, Museolaboratorio – Ex Manifattura Tabacchi, Città Sant’Angelo; 2010, Stile Libero, curated by Simone Ciglia, Galleria Cesare Manzo, Pescara; 2007 Solo Exhibition curated by Massimiliano Scuderi, Galleria Cesare Manzo, Pescara.

Group shows: 2022, Straperetana, L’abaco rovesciato at Pereto (AQ), curated by Saverio Verini and Matteo Fato; 2019, Manifesto del Futurismo Rurale curated by Leandro Pisano, Istituto Italiano di Cultura, Melbourne, Australia; 2006 FuoriUso ’06 Alterated states. Are you experienced? curated by Nicolas Bourriaud and Paolo Falcone, EXCofa, Pescara