Oscar Giaconia | Parasite Soufflé

Opening Sabato 6 Maggio, dalle 18 alle 21

Fino al 16 Giugno 2023

 

“Ogni buco è l’impronta lasciata da un’altra trama che si annida al di sotto”

Reza Negarestani, Cyclonopedia

 

Per la sua seconda mostra personale nella sede romana della galleria MONITOR, Oscar Giaconia presenta un inedito ciclo di opere della nuova serie Parasite Soufflé.

 

Per la prima volta l’immaginario dei pescatori si rivela per quello che è sempre stato: 
una soletta a sostegno di operazioni di intrusione e proliferazione di superfici. 

 

Il lavoro di Giaconia si suddivide infatti in cicli pittorici che nominano le opere: Sexual Clumsiness, The Grinder, Aye-Aye, Ginnungagap, Colon, Calabiyau, Master-Mother, The Kitbasher, Bhulk, Unimog Painting Dystopia, serie che si sono avvicendate e innestate nel tempo tra loro, ibridandosi.

 

L’iconografia del parassita si presta ad una riproduzione per somiglianza, intesa come incubatore mimetico per immagini.  

 

In questa fase l’artista ha inquinato la figura del pescatore, ricorsivamente comparsa, con quella del parassita, altro soggetto ampiamente indagato nel corso del tempo.

 

Anche in questo caso il parassita stesso, alla stregua del fisherman, si mostra nella sua natura provvisoria di “ripiego”, poiché realmente parassitaria è l’operazione dell’artefice, che si appropria della pittura pur rimanendo un ospite. 

 

La conseguenza di questo incrocio ha prodotto una serie di visioni febbrili, la cui impronta cromatica rimanda a stati allucinatori, riconducibili ai marker di contrasto utilizzati in microbiologia: cinque opere di medio grande formato realizzate con un agglomerato di trattamenti organici e sintetici in teca di pelle plastificata.

 

Il trattamento a strati isolati favorisce un processo di decomposizione guidata, fatta di smagliature, spurghi, smottamenti, ruscellamenti e decolorazioni invertite: processi di decomposizione interni rivolti all’esterno.

 

Nel centro dell’ambiente espositivo emerge un organismo-oggetto di scena, conversione tridimensionale di un’opera pittorica precedentemente realizzata, in linea con l’autosostentamento, la capacità rigenerativa propria del lavoro dell’artista, nella cui pratica sono solite degenerare le scale dimensionali.

 

L’oggetto che degrada, il cadavere di un solido, un insaccato di zucche xenomorfe, si ripiega nel suo corpo e al contempo si dispiega in altri corpi, richiamando schemi di moltiplicazione parassitaria.  

 

Lo spazio è foderato di un sottile strato di pelle color salmone, una membrana connettiva tra opera e ambiente.

 

Ogni rivestimento è un materiale sotto copertura che cospira contro il proprio artefice.

 

Nei tre dipinti della serie Troll compaiono delle strutture ambigue, tassonomicamente incerte, che appaiono come assemblaggi spuri di concrezioni, nematocisti, imballi di plastica, zucche, fauci spalancate. Le cornici-capsula sono prodotte in materiale da prototipazione.

 

Tre teste-sacchetto aerofaghe su pelle estroflessa, prodotto di un infortunio visivo tra un faro d’emergenza ed un plastico. 

 

Nel dipinto di piccolo formato, Sexual Clumsiness, la testa post-prodotta di un androide viene accarezzata dalla presenza spettrale di un guanto rettiloide.

 

La volontà aliena sostituisce ogni pezzo che rimuove con un altro che fabbrica lei stessa, infestando il padrone di casa. 

 

Completano il progetto espositivo due prototipi di parassitoidi adagiati su “guanciali di carta fritta”.

 

Il puppet come farsa di un vitalismo che rende ventriloquo l’inanimato attraverso il vivente. 
La logica della sfoglia fonde tra loro nematodi, anfibi e pupazzi, campioni di modellistica che giocano sulla prototipazione della vita come esercizio sistematico di propagazione pestilenziale. 

 

 

L’esumazione mina l’ordine degli strati

Reza Negarestani, Cyclonopedia

 


Opening Saturday 6th May, from 6 to 9pm

Until 16th June

 

For his second solo exhibition at MONITOR’s Rome space, Oscar Giaconia debuts a group of works from his new series Parasite Soufflé.

 

For the first time, the imagination of fishermen is revealed for what it has always been: an insole supporting operations of intrusions and the proliferation of surfaces.

 


Giaconia’s work is divided into pictorial cycles which lend their name to the works. Sexual Clumsiness, The Grinder, Aye-Aye, Ginnungagap, Colon, Calabiyau, Master-Mother, The Kitbasher, Bhulk, and Unimog Painting Dystopia are all series which have alternated and grafted onto one other over time, become hybrids.

 

The iconography of a parasite lends itself to reproduction by semblance, conceived as a mimetic incubator of images.

 

In this phase, the artist has polluted the figure of a periodically appearing fisherman with that of a parasite, a subject he has examined in depth over time.

 


Even in this case, the parasite itself, much like the fisherman, reveals its temporary nature as a
fallback’, because what is truly parasitic is the process of the creator who appropriates painting while remaining a guest nonetheless.

 


The consequence of this hybrid is a series of feverish visions whose chromatic impression recalls hallucinatory states which can be traced back to microbial markers: five medium to large works realised in a cluster of organic and synthetic treatments of plasticised leather cases.

 

 

This treatment in isolated layers favours a process of guided decomposition, made up of chipping, draining, landslides, overflowing and inverted discolouration: internal processes of decomposition turned inside out.

 

 

An organism-object arises in the centre of the exhibition space as a prop – a three-dimensional conversion of an old painting, in line with the self-sufficiency and regenerative ability of the artist’s practice, where dimensional scales are habitually degenerated.

 


The object which degenerates, the corpse of a solid, of bagged alien pumpkins, folds onto itself and at the same time spreads to other bodies, much like parasites that multiply.

 

 

The space is enveloped in a thin layer of salmon coloured skin, a collective membrane between work and environment.

 

 

Each layer is an undercover material which conspires against its creator.

 

 

Ambiguous structures appear in three paintings from the Troll series – taxonomically unclear, they appear as assemblages of specious concretion, nematocysts, plastic packaging, pumpkins, gaping mouths. The frames-capsule are made from prototype materials.

 


Three aerophagus head-bags on everted skin, produced in a visual accident between an emergency beacon and an (architectural) model.

 

 

In the small painting Sexual Clumsiness the post-production head of an android is caressed by the spectral presence of a reptilian glove.

 

 

The alien’s will replaces every piece which is removed from another which she produces, infecting the host.

 

 

Two parasitoid prototypes complete the exhibition, resting on “fried paper pillows.”

 

 

The puppet as a charade of vitalism which turns the inanimate into a ventriloquist through the living. This layering approach melds together nematodes with amphibians and puppets – champions of modelling which play on the prototyping of life as a systematic exercise of pestilential propagation.

 

“In exhumation, the distribution of surfaces is thoroughly undermined.”

Reza Negarestani, Cyclonopedia